…La zappa
invece, una volta scoperta, da quindici anni a questa parte non l’ho più
abbandonata, c’era già forse nei miei cromosomi – vedasi cognome
“Rustica” (zappo anche sulla chitarra, e da qui “Nick Zappa”).
Il contatto
con la terra, che appena smossa sprigiona profumi ancestrali, quel magma
generoso e fertile, pronto a ridarti molto di più della fatica che ti ha
spezzato la schiena, mi affascina e mi prende incredibilmente…
Questo
l’altro amore: gli spazi aperti e l’impulso di mettermi a brucare come
animale, erbe profumate.
La chitarra è stata partorita con me, è la mia sorella gemella, e non ci
siamo mai separati, poiché soffriremmo come siamesi divisi…
Così come
per la zappa, per i pennelli ed i colori, anche con lei però uno strano
rapporto: rapporto istintivo, soave e lirico a volte, violento e sofferto
altre, rapporto sempre viscerale…
I miei studi
tecnici iniziati sempre con grande impegno, si trasformano quasi
immediatamente in dissertazioni ed improvvisazioni varie, difficilmente
imprigionabili in schemi e ritmi isocronici…
E così come
quando, partendo da un colore ed abbandonandomi alla casualità e
all’istinto, getto sulla tela gamme stridenti o in estrema sintonia tra
di loro, con la stessa voluttà, ascoltando un testo, calandomi in esso, e
cogliendo dal tono della voce della mia compagna che lo declama, quella o
quell’altra sfumatura, così, improvvisamente, esplode un’emozione…
Ed a volte
capita che lo spirito che aleggia, metta in sintonia emozione ed armonia,
con ritmo e melodia.
Diceva un mio
amico, filosofo di Carlentini: “Non sei tu a creare e comporre… Tu
puoi essere solo il mezzo (e non è poco) attraverso cui, lo spirito della
creatività, che vaga disordinatamente di qua e di là, esprime la sua
voglia di divertirsi (…)”
Così è nata
“Niru” (presente nell’album “St’Isula”), il brano sul lutto,
sul mistero della morte…
…Lei
leggeva da una vecchia agenda un brano scritto anni addietro, ricordo di
bambina, della morte del nonno: nelle frasi la disperazione della sua
compagna, ed alla fine, la tragica accettazione dell’ineluttabile e
crudele gioco del ciclo.
Io ascoltavo
rapito, e piano piano il mio io razionale svaniva, le mie mani non
suonavano uno strumento, forse tenevano e tormentavano un arnese
qualunque, forse la zappa che affondando la lama nella morbida terra, la
modellava in vuoti e pieni, pronti ad accogliere vita e morte; lo spirito
stava giocando…
Alla fine però
l’importante è non prendersi troppo sul serio… Forse sto imparando a
divertirmi…e divertendomi mi abbandono a questo gioco.
E seguendo il
gioco della vita, siamo approdati al secondo lavoro discografico “Mundus
Imaginalis”, il mondo del sogno. Lavoro che abbiamo iniziato chiamando
in ballo quello spiritello svanitello, che in una simpatica seduta e in
una lingua sconosciuta (nota soltanto all’autrice, che l’ha acquisita
in sogno), ci ha svelato – servendosi anche dei suoni di una scalcinata
banda musicale di un paesino incantato (che fiaba ragazzi !…) – come
apprezzare quelle cose semplici che noi stupidi terrestri abbiamo sotto
gli occhi ogni giorno, ma non riusciamo ad apprezzare se non quando stiamo
per perderle. Le musiche, ovviamente, sono dello spiritello svanitello.
E che dire di
quel povero lupaccio cattivo (solo di fama) a cui abbiamo attribuito la
responsabilità di tutti i problemi terreni, problemi che noi – e
soltanto noi – abitatori di questa terra, siamo capaci di crearci, ed
ingigantire, mentre “lei”, la luna, da lassù sorride misteriosa,
guardandoci con quel distacco sublime che da solo basterebbe a farci
comprendere ed accettare. |